ecologicalRole of Insects, Frogs and Snails for sustainable development
Paoletti M.G., (Ed.)
Science Publishers, Inc. Enfield (NH), Plymouth, UK, 2005
 
In un divertente film di alcuni anni fa, ambientato in Australia, il protagonista, un bianco nativo di quel continente e cresciuto presso una comunità di aborigeni, si avvaleva delle proprie conoscenze in materia di alimentazione per fare colpo su una avvenente giornalista americana, sua compagna di avventure. Posta di fronte ad una foglia riccamente guarnita di larve di insetti, bruchi di farfalla e vermi di terra, facendo buon viso a cattiva sorte, la giovane donna si apprestava a cibarsi del succulento pasto, se non fosse stato per la scatoletta di carne prontamente offertale dall’aborigeno di adozione che, rassicurandola, indicava quelle cibarie come l’ultima risorsa per sopravvivere nel deserto.
Riflettendo a distanza di anni su quella che poteva sembrare la parodia di una cultura decadente, si riscopre oggi l’inaspettata importanza della questione, alla luce dell’interessante volume curato da Paoletti e collaboratori. Nell’agiatezza della società occidentale, non ci poniamo certo il problema della disponibilità delle risorse globali per l’alimentazione umana. E invece si apprende che sono circa tre miliardi nel mondo le persone che soffrono di carenze alimentari per mancanza di calorie, proteine, vitamine e sali minerali fondamentali come iodio e ferro. L’incremento della popolazione mondiale, al tasso attuale di crescita, raddoppierà nel giro di mezzo secolo. D’altro canto si rileva che delle circa 15 milioni di specie animali e vegetali presenti sul globo, solo una quindicina sono quelle coltivate e solo otto quelle allevate a sostegno del 90% delle riserve alimentari dell’uomo. Forse la soluzione del problema sta proprio nella succulenta foglia del nostro amico aborigeno? Prendendo sul serio l’argomento, Paoletti e collaboratori, nel loro compendio sullo stato delle conoscenze e degli usi alimentari alternativi, e non solo, propongono di seguire la strada che conduce ad una rivalutazione dei minilivestock, i piccoli animali tradizionalmente utilizzati nell’alimentazione di molti popoli delle regioni tropicali, per incrementare la diversità delle specie che costituiscono la fonte di cibo per l’uomo. L’utilizzo di piccoli animali come cibo, recuperando e diffondendo l’immenso patrimonio di conoscenze che le culture nei vari angoli della terra conservano ancora intatte, attraverso i secoli di storia, potrebbe rappresentare la chiave di volta per la soluzione di problemi alimentari che, nonostante tutto, affliggono l’umanità. Una risorsa presumibilmente più appropriata e sostenibile. I minilivestock comprendono in questo volume artropodi, vermi, molluschi, anfibi, piccoli roditori e rettili. Questa comunità di organismi può costituire una biomassa in grado di competere con le tradizionali scorte alimentari rappresentate dal bestiame di grossa taglia, decuplicando le rese a parità di estensione. Gli artropodi possono ad esempio superare di dieci volte il peso del bestiame allevato in un ettaro di terra, i vermi fino a trenta volte. La strategia per combattere le future carenze alimentari andrà quindi ricercata nel diversificare e aumentare le risorse di cibo rispetto a quelle attuali legate ai cereali. Diffondere la conoscenza dei piccoli animali come strategia per uno sviluppo sostenibile, questo l’obbiettivo del volume curato da Paoletti, che raccoglie esperienze di ricercatori provenienti dai cinque continenti, affrontando non solo gli aspetti legati all’uso alimentare delle più varie forme viventi, ma anche cogliendo interessanti aspetti legati alle proprietà curative di molte specie.
All’interno dei trenta capitoli e delle oltre 600 pagine di cui è composto il testo sono racchiuse le tecniche, le conoscenze e i segreti di un patrimonio culturale che rischia di cadere nell’oblio e che invece può fornire un prezioso contributo alla soluzione di problemi alimentari dei prossimi decenni, specie in quei popoli che, adeguandosi al meccanismo perverso della nostra società consumistica, rischia di cadere nell’oblio e che invece può fornire un prezioso contributo alla soluzione di problemi alimentari dei prossimi decenni, specie in quei popoli che, adeguandosi al meccanismo perverso della nostra società consumistica, rischiano di perdere di vista le proprie origini e le proprie fondamentali risorse. Questa conoscenza deve anche divenire patrimonio conoscitivo di tutti i consumatori, anche occidentali, e delle agenzie che operano per lo sviluppo.
 
Gilberto N. Baldaccini